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Per Aspera Ad Veritatem n.26
La spia che non poteva uccidere

Laurent Joffrin - Sonzogno Editore, Milano, 2002



Laurent Joffrin, caporedattore del Nouvel Observateur, ha da poco dato alle stampe un romanzo-documento che, con forza e passione, intende portare alla luce nuove pagine della storia della Resistenza francese e delle operazioni alleate nel corso della seconda guerra mondiale.
Il racconto inizia il 16 giugno 1943, quando Noor Inayat Khan viene paracadutata nel territorio transalpino come telegrafista di Radio Aurore.
Nessuno può immaginare che una principessa di origine indiana - la cui religione vieta qualsiasi forma di violenza, ecco la spiegazione del titolo - possa essere un agente segreto britannico, inviato oltre le linee nemiche dal SOE (Special Operation Executive), organismo creato da Churchill per infiltrarsi nei territori occupati dai nazisti.
Insieme alla principessa viene paracadutato anche John Sutherland, spia inglese già attiva in Francia nel 1940 e soprattutto in Cirenaica nel 1942, al quale l’Autore si affida per il resoconto, in prima persona, delle vicende militari e umane relative alle migliaia di uomini e donne che si sono sacrificati per consentire lo sbarco alleato in Normandia, il 6 giugno del 1944.
Si tratta di gesta di eccezionale coraggio, compiute in un clima di costante angoscia e preoccupazione dagli agenti inglesi, nel momento in cui Parigi e buona parte della Francia sono oppressi dall’occupazione tedesca.
Con dovizia di particolari e compiuta efficacia descrittiva vengono ricostruiti da Joffrin passaggi fondamentali dell’attività di spionaggio, come il reclutamento, l’addestramento, il pedinamento, la predisposizione di codici etc., con particolare attenzione al risvolto psicologico di attività così sensibili e delicate.
Nello svilupparsi degli eventi, infatti, non è risparmiata a questo «esercito delle ombre» la conoscenza in prima persona della crudeltà degli omicidi e il terrore delle stanze di tortura.
L’indiscutibile abilità dell’Autore è nel far emergere situazioni e personaggi che le severe pagine storiche non sarebbero in grado di menzionare. Un quadro d’insieme vivace ed avvincente nel quale si respira l’atmosfera concitata delle varie operazioni di intelligence, attraverso sequenze particolarmente efficaci che danno l’impressione di assistere alle immagini di un film.
Il personaggio è tuttavia indubbiamente Noor.
Superata l’apparente dicotomia tra l’immagine di principessa, vissuta nel clima e negli agi di una giovinezza da fiaba e quella, ben diversa, della temeraria telegrafista di Radio Aurore, la sua personalità pervade l’intero racconto, connotata di straordinaria sensibilità e profondo senso di servizio.
«Nel mondo che sceglierete, dovrete impegnarvi a fianco dei due Paesi che ci hanno accolti, hanno protetto la nostra casa e la nostra fede, anche se non la capivano: la Francia e l’Inghilterra». Queste parole, che il padre esprime a Noor e al fratello quale testamento morale, a conclusione della propria esistenza, sono anche l’impegno che la principessa è decisa ad onorare senza esitazione ed a qualsiasi prezzo.
L’Autore pone l’accento sulla grande passione che pervade i momenti più difficili dell’esistenza umana, come se ci fosse un bisogno costante di sentirsi vivi, presenti a sé stessi. L’amore tra Noor e John può sicuramente essere letto in quest’ottica, ma con valori che vanno oltre, summa di sentimenti contigui: ardore, altruismo, patriottismo, generosità, coraggio.
Raccontare questa storia – come sottolinea John – ha il valore di un anniversario: «Il nostro. E alla fine ho deciso di scrivere la sua storia. Perché merita un cenotafio migliore della lapide consumata dalla pioggia sopra un monumento di pietra nella campagna inglese. Perché tutti coloro che le sono passati accanto, amici o nemici che fossero, come me non l’hanno dimenticata e vogliono vederla rivivere. Perché bisogna testimoniare».



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